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AQA 38X

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Un natante di derivazione offshore capace di divertire, garantendo allo stessotempo una spiccata capacità ognitempo. Tre le motorizzazioni a scelta.

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Se c'è un genere di cabinati che continua imperterrito ad attraversare il tempo e le mode è quello degli scafi di stretta derivazione offshore. Questo perché gli amanti di queste unità sanno bene che cosa cercano in una barca: un’estetica grintosa; un sottocoperta che offra una buona abitabilità senza peraltro incidere sulla linearità delle forme; le alte prestazioni strettamente connesse a un’indiscutibile tenuta di mare. Chi siede ai comandi di queste barche non sogna le lunghe avventure atlantiche. Piuttosto preferisce improvvisare rapide traversate per raggiungere nel più breve tempo possibile i luoghi migliori per trascorrere un’intera giornata di mare e – perché no? – magari decidere di passarvi la notte. E se il tempo dovesse guastarsi, pazienza: la carena permette di tornare altrettanto rapidamente in piena sicurezza. A questa premessa, che fin qui può apparire generica, basta aggiungere il nome – Aqa 38 X – e il ritratto è bello che fatto. Stiamo parlando di un natante offshore che, nell’arco dei quattro esemplari fino ad oggi costruiti, ha raggiunto una maturità che è facilmente riscontrabile in quei dettagli che sono frutto dell’utilizzo.

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Per esempio, parlando di esterni: il pagliolato in piano che, grazie alla studiata ampiezza dei passaggi, permette un transito sicuro anche a chi ha problemi di deambulazione (chi non ne ha, durante la navigazione?). Parlando di interni: l’altezza che arriva al metro e 87 e che non scende mai al di sotto del metro e 81. Poi si esce in mare e i pregi vanno scoperti al timone. Il comportamento dell’Aqa 38 X è esattamente quello che ci si aspetta da uno scafo dalla carena notevolmente stellata: nella prima fase dell’accelerazione, ancora in dislocamento, un leggero rollio accompagna l’incedere preciso dello scafo; nella successiva fase di transizione, la poppa si immerge progressivamente e poi, altrettanto progressivamente, porta in superficie il “chine” dell’opera viva entrando in una planata morbida, stabile, controllata.
Nessun accenno a quei salti d’assetto che sono tipici delle carene piatte. In questo modo, quasi senza rendersene conto, si scopre dallo strumento che si sta viaggiando a oltre 36 nodi in perfetto assetto. Infruttuosi i tentativi di mettere in crisi lo scafo agendo energicamente sul timone elettrico e sulle manette: la carena corre sui binari anche nelle accostate più strette e improvvise.

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